Innanzitutto ci sembra necessario sottolineare il dato di fatto, troppo spesso trascurato, che la dipendenza è una dimensione che appartiene a tutti gli esseri umani, come caratteristica fondante della persona;
poter dipendere per il bambino equivale a sopravvivere, l’aggrapparsi è la conditio s ine qua non della possibilità del bambino di perdere l’equilibrio e poter fare un passo avanti.
Seppur nelle differenze sintomatologiche e comportamentali le dinamiche intrapsichiche alla base della dipendenza, di qualsiasi tipo essa sia, sono le medesime. Ciò che cambia è la dose.
Le dinamiche psichiche attive nel dipendente e nel tossicodipendente sono riscontrabili anche nei soggetti definiti normali, in quanto, in qualche area della nostra vita, siamo tutti necessariamente dipendenti o contro-dipendenti che, ovviamente, sono la medesima cosa.
La dipendenza è, infatti, un modo essenziale di essere della psiche e nella sua assenza non potremmo vivere. La psiche esprime la sua natura in varie forme, e la dipendenza è una delle forme che la psiche assume nel suo essere naturale. La psiche, ci insegna Jung, non è un monos, ma è costituita da tante parti, tanti personaggi ognuno con la sua anima. In un linguaggio junghiano potremmo dire che il personaggio Dipendenza ha diritto di cittadinanza nella psiche come costitutivo della stessa. Anticipiamo che il lavoro terapeutico consisterà nel delimitarne i confini e lasciar spazio agli altri personaggi che favoriscano l’armonia dello scenario. Cerchiamo di capire come si è giunti a tali conclusioni.
La parola tossicodipendenza evoca sempre accanto a sé il termine droga. Se la droga rivela nel gergo comune l’arma attraverso cui l’uomo cattivo può fare del male al giovane curioso sprovveduto e fragile, è opportuno mettere in evidenza che le droghe sono sostanze che non nascono per danneggiare e creare dipendenza. Una funzione dell’analisi psicologica è quella di decostruire i concetti che appartengono al pensiero condiviso e che sono portatori di significati molto diversi dalla loro origine. Nell’effettuare questo esercizio si lascia spazio al valore originale delle parole, che apre alla via dell’immagine intesa come valenza profonda, simbolica, psichica di quel contenuto. Così, separare la droga dalla dipendenza vuol dire iniziare a ricondurre alla loro dimensione immaginaria, cioè psicologica, due campi, quello delle droghe e quello della tossicodipendenza, che troppo spesso vengono associati con l’effetto di giustificare o di demonizzare comportamenti di difficile comprensione.
Il rapporto con le droghe, come vedremo nel quinto capitolo, non è esclusiva pertinenza dell’uomo, ma è presente anche nel mondo animale. Lo studio del comportamento degli animali dimostra come le droghe siano utilizzate con finalità estremamente diverse, in alcuni casi generando dipendenza simile alle forme note anche negli umani, come nel locoismo, in altri casi con effetti benefici che migliorano e completano le esigenze bioevolutive, come ad esempio la nepeta cataria per i gatti, o l’alcol per le drosophile. Le evidenze antropologiche ed etologiche potrebbero suggerire l’ipotesi che le droghe siano un mezzo di conoscenza e di adattamento utile al programma evolutivo, benché possano anche determinare intossicazione o dipendenza. Tuttavia nel caso della dipendenza, se nel regno animale si limita a condizioni particolari ed incidentali, nella specie umana il problema si sposta con prepotenza su valori inerenti l’organizzazione sociale e la gestione dei valori etici e simbolici che essa veicola. Ciò sottolinea che il senso con cui viene utilizzata la droga è fondamentale per comprendere come essa interagisca con colui che la utilizza. Le droghe, prima ancora di essere sostanze stupefacenti che creano dipendenza, sono state riconosciute come mediatori con realtà diverse da quelle ordinarie. Fin dall’età neolitica, uomo e società arcaiche hanno impiegato le droghe come mezzi rituali per stabilire un contatto con spiriti e divinità, vivendo l’effetto delle sostanze assunte come un cambiamento di piano esistenziale.
La tossicodipendenza mette quindi in evidenza una specifica area d’impiego delle droghe, che ha strettamente a che fare con la perdita del senso con cui la si utilizza, rendendola una semplice sostanza chimica facilmente strumentalizzabile sia sul piano socio-relazionale che su quello intrapsichico.
